Da "THE AVANT-GARDE" - John Coltrane -

"The Avant-Garde" è un disco importante! È importante perché bello, è musica divertente suonata da musicisti le cui sonorità preannunciano un’apertura in tutte le direzioni sia per loro stessi, che per i musicisti d’oggi e per quelli che verranno.

È importante perché porta due musicisti, che di solito non suonano assieme, a dipingere i diversi aspetti del jazz moderno. "The Avant-Garde" è la prova che questa tendenza è ben lontana dall’essere inflessibile, e che l’eterogeneità di un gruppo dà dei frutti ed è producente quando le persone che lo compongono sono illuminate ed aperte.

In fine, "The Avant-Garde" è importante perché contagia questi musicisti e le loro idee nel momento in cui vivono la freschezza delle scoperte, con tutta l’euforia per lo scambio di nuove concezioni di band e di solistica.

Il 1960, l’anno in cui venne realizzato questo album, fu cruciale per il jazz. Gli anni Cinquanta erano finiti e in alcuni ambienti del jazz si discuteva sul fatto che il bop della corrente principale degli anni Cinquanta, aveva ormai detto tutto. La recrudescenza di Monk e del "Monkismo" aveva dato un impulso alla nascita di nuove forze, per quanto la vecchia guardia venisse attaccata su tre fronti principali: quello armonico (Coltrane), quello tonale (Cecil Taylor) e quello ritmico-melodico (Ornette Coleman). Due di questi tre elementi sono in questo disco rappresentati con Percy Heath uno dei musicisti più coerenti, perspicaci e lungimiranti degli anni Cinquanta.

Heath non era estraneo al concetto d’improvvisazione di gruppo che Blackwell e Cherry (e Charlie Haden, bassista in Cherryco e in The Blessing) avevano fatto rinascere in questa session dalla formazione di Ornette Coleman. Heath aveva suonato con Coleman nella sua prima incisione. (I due brani qui suonati, The Invisible e The Blessing, composti da Coleman, provengono da quel disco). Lui e John Lewis avevano presentato Coleman e Cherry ai fratelli Ertegun dell’Atlantic Records che li avevano portati a sentire il famoso Lenox. Scuola di Jazz, e Heath era stato uno tra i primi a dare lustro con la sua presenza al progetto, dichiarando che Coleman e Cherry erano degli innovatori. Heath crede che nell’arte, la tradizione si auto sviluppi quando una persona è disposta a mettere in discussione le proprie convinzioni, e che quindi sia in grado di rivedere ciò che fa. In questo disco, la sua opera tenace, ma inquisitoria, dimostra che il suo impegno è finalizzato sia all’apprendimento garantito da queste nuove forze emergenti, che alla restituzione dei benefici maturati nell’arco sua esperienza.

Lo stesso si può dire per John Coltrane. "The Avant-Garde" venne inciso appena dopo "Giant Steps", ed il pubblico che conosce le sue incisioni realizzate prima e dopo questo importantissimo album, sa benissimo quale spirito di ricerca caratterizza Coltrane. Fu davvero un periodo cruciale per lui. Aveva appena lasciato la formazione di Miles Davis dove, sebbene il suo ruolo fosse quello di co-leader (ruolo condiviso con Sonny Rollins) del sax tenore moderno, tenne a freno l’idea di essere il leader di una band. Furono alcuni schemi, alcune strutture e sonorità che in seguito gli permisero di potersi esprimere liberamente. Aveva avuto l’occasione di ascoltare Ornette Coleman al Five Spot, e fu là che notò le possibilità che davano una maggiore libertà della sezione ritmica eliminando la distanza tra il solista e l’accompagnamento. Tutto ciò è notevolmente visibile in "The Avant-Garde" ed il coinvolgimento di Coltrane è chiaro.

Don Cherry, co-leader in "The Avant-Garde" è più famoso per la sua collaborazione con Ornette Coleman, pur avendo guidato una propria formazione a Los Angeles, a New York, e più recentemente in Europa ed nel nord dell’Africa. In "The Avant-Garde" si può notare la sua spiccata considerazione sia per i musicisti del passato che per quelli contemporanei: "Sono tutte persone importanti. C’è sempre qualcosa che ci riserbano".

Ma Cherry è egli stesso un personaggio di rilievo. Ci sono persone, e chi sta scrivendo è una di loro, che credono Cherry il più importante trombettista dopo Clifford Brown. Ciò che lo distingue è la sua timbrica particolarmente caratteristica, e questa sonorità ed il metodo così evidentemente diversi da qualsiasi altro trombettista già ascoltato, hanno spinto parte del pubblico ad inasprirsi, ed a rifiutare di prendere alla lettera in suo modo di suonare.

L’opera di Cherry, come quella di Coleman, non è poi così difficile come la gente sostiene. È probabile che la maggior parte del pubblico sia più devoto a Don, poiché Ornette e i suoi diversi bassisti e batteristi non furono capaci di andare oltre i loro lavori nelle prime e parecchie "introspezioni", ed è ugualmente probabile che quelle stesse "introspezioni", siano state improvvise, un riconoscimento, e che dopo questo processo la musica abbia recuperato la spontaneità e la semplicità della casereccia folk music.

Il batterista, Ed Blackwell è di New Orleans, ed innesta l’accento che contraddistingue la musica della sua città, nella più moderna tecnica di batteria. Lo stile prosaico (inteso qui in senso positivo) di New Orleans si rispecchia bene nel modo di suonare di Ed, soprattutto nell’uso dei tubs. Una volta suonai per lui un assolo di Baby Dodds, ed egli rimase sorpreso nel sentire che in Dodds c’era molto di lui o vice versa. Blackwell è un vero professionista, intelligente e dotato di velocità. Cherry a tale proposito dice: "Blackwell ha veramente addentato questo disco. Egli suona la parte di batteria come un tutt’uno, cosicché la sonorità che ne esce è piena, pur riuscendo a mantenere distinte le ritmiche. Il tutto con imparziale equilibrio".

Charlie Haden e Scott LaFaro sono generalmente ritenuti i bassisti migliori degli anni Sessanta. Come Cherry e Blackwell, Haden non ha realizzato molte incisioni senza Ornette Coleman, cosa che avremmo desiderato. "The Avant Garde" ci dà la possibilità di mettere a confronto le diverse correnti di spicco che hanno caratterizzato periodi diversi. L’osservazione che Cherry fa, sembra essere corretta: "Charlie è più melodico di Percy; Charlie racconta una storia, mentre Percy si concentra sugli accordi. È facile osservare come le note di Charlie siano più rotonde di quelle di Percy, perché lui le taglia per contenerle in rigidi schemi ritmici".

Cherryco è uno dei brani preferiti di Don - lo ha suonato durante tutto l’anno trascorso in Europa e nel nord d’Africa riscuotendo un enorme successo. Egli ha detto: "Cherryco è l’unico pezzo di questo disco realmente improvvisato. Non lo abbiamo suonato su uno schema prefissato di accordi, sebbene Coltrane nel suo assolo si rifacesse ai cambi". È un pezzo che non ha limiti di tempo, che dà spazio a tutti i solisti con stimoli energici da parte di Blackwell e Haden.

Focus on Sanity, è uno dei tre brani composti da Ornette Coleman che compaiono in questo disco, e come dice Cherry: "In parte perché Ornette ha scritto talmente tanti pezzi da dimenticarsi i migliori. Noi non abbiamo voluto che si perdessero perché sono troppo belli". Don parla degli accordi di Focus on Sanity come se fossero "Tutto, perché la forma dà vita alla scala cromatica; tutte le dodici note, sia sopra che sotto. E la forma permette un’esplorazione completa".

In The Blessing Coltrane suona un assolo rielaborato di My Favorite Things. Ritengo che qui l’assolo sia migliore rispetto a quello di M.F.T., perché più lineare e quindi più simile a ciò che solitamente Coltrane suona col tenore.

Blackwell disse che quando vivevano assieme a Los Angeles, Ornette era solito usare la struttura di The Blessing per scaldare il suo sax contralto alla mattina, e che, quando andò a suonare al Five Spot con Ornette, ne aveva notato il suo dinamismo. In questo pezzo c’è un assolo di Cherry particolarmente elaborato eseguito con la sordina, ed un penetrante assolo di Blackwell dal quale si evincono gli studi fatti sul bata e sulla batteria africana.

Cherry disse che "The Invisible entra eccome nella scala cromatica, ma gli intervalli sono tra loro vicini e ciò gli conferisce un maggior feeling". Percy Heath suona il basso in questo brano scritto da Ornette Coleman, e qui si può notare l’effetto che Heath produce sulla sezione ritmica. Don disse: "Percy rende questo un gruppo diverso dagli altri, ed è proprio così che dovrebbe essere: ogni persona nuova dovrebbe formare un nuovo gruppo". John Coltrane passa dal tenore al soprano per dar vita alla melodia.

Bemsha Swing era un brano familiare a tutti, quasi una progressione di sé stesso, e non era passato molto tempo da quando questo pezzo di Monk veniva considerato così difficile da poter essere suonato solo da lui. Don Cherry disse: "Cerco di suonare Monk perché i suoi brani permettono di improvvisare sulla melodia e non sugli accordi. Essi ti pensano senza che sia tu a pensarli, come una specie di inconscio consapevole o vice versa, o qualcosa di simile".

E questo "qualcosa", caro lettore, è proprio "The Avant-Garde".

¾ A.B. Spellman

 

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